Alterità e soggettività, una possibilità dal passato

È esistito un tempo, non mitico ma reale, in cui gli uomini e le donne vivevano in società paritarie, nelle quali non esistevano le norme di differenza tra genere e status, dove gli individui avevano valore per il semplice fatto di essere persone.

L’interrogativo se fosse mai esistita, una società Europea prima di quella nota Indo-Europea, se lo pone Marija Gimbutas archeologa glottologa lituana, ponendoci di fronte ad una prospettiva evoluzionistica differente, per alcuni provocatoria, da quella che i libri di storia tradizionali ci hanno insegnato, per forme, contenuti, valori e interpretazioni.

Il mito archeologia offre quindi, l’occasione di riscrivere le radici arcaiche da cui proveniamo.

Sostenendo la possibilità di essere discendenti di culture civili, in grado di evolversi per millenni senza quella quota di violenza, caratteristica nota in alcune strutture sociali, costituita da burocrazie gerarchiche e apparati istituzionali, concepiti in maniera autoritaria ed esplicitamente finalizzati a mantenere le diseguaglianze attraverso la regressione militaresca.

Sono cosa recente gli studi di Marija Gimbutas, intorno alla storia delle comunità umane pacifiche chiamate società Gilaniche, vissute nella “Vecchia Europa” circa 4000 a.C.,in cui la parità di genere era prioritaria su ogni cosa, comunità sociali basate sulla non violenza e sul soddisfacimento dei bisogni dei suoi abitanti, da quelli materiali, sociali, culturali a quelli affettivi, culture in cui il benessere era veicolato in modalità orizzontale, gestito in maniera circolare senza un’enfatizzazione delle differenze di livello e status, sotto la benedizione di una grande dea madre.

Queste società si sono sviluppate in un arco di tempo che colma la distanza tra la fine del neolitico e l’emergere delle prime civiltà come quella egizia, la babilonese, l’assira, la sumera e così via, in un arco di tempo che va dal 7000 al 3500 a.C.

Le tracce di quelle straordinarie esperienze umane le troviamo nell’area sud-est dell’Europa, comprendendo anche le grandi isole del Mediterraneo.

La portata di queste scoperte è evidentemente talmente “eversiva” per alcuni, che viene negata in quanto è verosimilmente percepita come sovversiva e confutabile.

Nonostante prove ed evidenze di tracce archeologiche siano evidenti, alcuni tra gli apparati scientifici e culturali ufficiali tendono a minimizzarla, per non dire a riseppellirla con un sempre più improbabile accanimento.

Secondo Joseph Campbell studioso di mitologia comparata e religione comparata, il valore della scoperta si può paragonare alla decifrazione della Stele di rosetta, grazie alla quale ricordiamolo, si riuscì ad interpretare la scrittura usi e consumi e struttura sociale dell’antico Egitto.

La base civile, di ogni cultura risiede nel suo livello di creazioni artistiche, di conquiste estetiche di valori materiali e di libertà che danno significato, valore e gioia alla vita per tutti i suoi cittadini, così come l’equilibrio di potere tra i due sessi.

I reperti di questa equa civiltà Gilanica risalenti al precedente dominio degli Achei sono stati rinvenuti nella città di Cnosso, e nell’antica Creta, dove sono stati ritrovate ceramiche, sculture e affreschi, i quali dimostrerebbero l’esistenza di questa cultura “moderna”.

Prima di essere conquistata, da ondate migratorie di popoli guerrieri, portatori della cultura Kurgan, originatesi nelle steppe asiatiche nel corso di più di qualche millennio, l’isola godeva di un grande sviluppo economico in moltissimi ambiti tra i suoi abitanti, mettendo in discussione l’idea attuale che una civiltà non possa crescere senza disparità sociali, aggressività e differenze nell’accesso alle risorse.

Il patrimonio culturale emerso dalla scoperta fu di immenso valore, “Maria G Budas è stata in grado non soltanto di elaborare un repertorio basilare di elementi figurativi ricorrenti quali chiavi interpretativi della mitologia di un’epoca mai documentata, ma anche di fissare sul fondamento di questi segni di codificati, le linee peculiari dei principali contenuti di una religione che venerava sia l’universo in quanto vivente corpo della dea madre creatrice, sia tutto ciò che vive al suo interno perché partecipi delle sue divinità” Il ritrovamento di immagini di dee femminili e dei maschili, sia antropomorfi che zoomorfi che esprimevano una partecipazione sacra ai grandi cicli naturali di fertilità, nascita, morte degenerazione, sono anch’essi espressione di eguaglianza, non vi erano nemmeno grandi differenze tra le varie tipologie abitative delle persone di alto rango e quelle per persone dei ceti più bassi, non si è potuto sostenere che esistesse una casta di guerrieri, in quanto la maggior parte degli abitanti era dedita all’agricoltura, i monumenti stessi ritrovati non esprimevano grande differenza di ruolo sociale tra i generi, e la presenza minimale di mura di protezione lascia intuire l’ipotesi di comunità parietale all’interno non in lotta contro l’esterno.

Tutto questo merita una riflessione importante, con la quale è necessario confrontarsi, chiaramente non è auspicabile un ritorno acritico a quel passato perché, tutti sappiamo che esistono logiche, dinamiche, controverse e che la mitica “età dell’oro” non è mai esistita, ma riflettendo su una visione del tempo che sia non del tutto circolare, ma nemmeno del tutto lineare, bensì a spirale, con la possibilità di un recupero almeno parziale di valori positivi, già sperimentati nel passato, questo sia quantomeno pensabile, considerandolo come un possibile progetto etico comune.

Il compianto Armando Gnisci, decano degli studiosi italiani letteratura comparata professore associato di letteratura comparata presso l’Università “La Sapienza” di Roma, esorta gli europei attraverso le sue opere, al processo di decolonizzazione mentalmente, proprio in virtù di queste scoperte, che ci permettono di non dare più per scontata la stabilità di certi ruoli, di certi confini e l’inevitabilità della lotta per la prevaricazione, e farle diventare invece esperienza quotidiana di apertura alla reciprocità.

Dove anche la conoscenza letteraria, e di tutte le arti, possa aprire le menti a possibilità trasformative, implicandole, traducendole, in criteri paritari da attuare, rendendole cultura da vivere.

Alla luce di tutto ciò è completamente utile riavvicinarci in maniera più prossimale possibile alle nostre origini, ancora troppo spesso sepolte e trasformate da una storia, che per lungo tempo non ha considerato tutte le sue parti, le sue narrazioni e testimonianze, ogni homo sapiens nasce cooperativo, solidale, pacifico, vitale, libero.

Solo conoscendo, metabolizzando ed apprezzando consapevolmente il nostro passato, possiamo afferrare e godere del nostro presente, per poi scegliere in quale futuro vivere, per riscoprirci, recuperare e ospitare, quello spazio arcaico prezioso che ci appartiene, costruendo così quegli aspetti paritari di rispetto, in cui riconoscersi intimamente, senza discriminazione, in uno scambio sincronico tra alterità e soggettività dove entrambe esistiamo, dove entrambe siamo semplicemente persona!!!

BIBLIOGRAFIA:
“Il linguaggio della dea” Marija Gimbutas
“L’ombra del femminile” Simona Zan
“La letteratura italiana della migrazione” Armando Gnisci
“Alterità-Sul confine fra l’Io e l’Altro” Pierpaolo Donati

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